Sinteticamente possiamo definire l’allostasi come l’insieme dei processi di adattamento che, attraverso l’aumento dell’attività di specifici mediatori in risposta agli stressors, nel breve periodo proteggono il corpo e promuovono l’adattamento, ma nel lungo periodo determinano un allostatic load, ossia un carico o accumulo di effetti negativi su sistemi, organi e tessuti nella forma di un loro logoramento o deterioramento, con conseguente riduzione della loro efficienza e l’instaurarsi di condizioni patologiche.
L’adattamento in risposta a stimoli potenzialmente stressanti implica l’attivazione di meccanismi neuronali, neuroendocrini e immunologici, ciò che è stato chiamato da Sterling and Eyer (1988) allostasi o “stabilità attraverso il cambiamento”.
Secondo questi autori il fatto che alcuni parametri fisiologici sembrino assestarsi su nuovi range a seconda delle circostanze (ad esempio la pressione arteriosa dopo essersi alzati o durante il sonno) dimostra che il concetto di omeostasi è sbagliato e deve essere rimpiazzato da un nuovo concetto, quello di allostasi, che descrive un meccanismo per mezzo del quale l’organismo varia i parametri del milieu (ambiente) interno su diversi set-point a seconda delle diverse condizioni in cui l’organismo può venirsi a trovare.
La versione del concetto di allostasi di Sterling ed Eyer (1988) non ricevette grande attenzione sino al 1993, anno in cui due neuroscienziati McEwen e Stellar (1993) cominciarono ad utilizzarlo nei loro studi. È interessante notare come il concetto di allostasi di McEwen e Stellar si sia evoluto nel corso degli anni (Day 2005):
Prima versione - Allostasi = la capacità del corpo di aumentare o diminuire la funzione vitale su un nuovo stato stazionario in risposta alle richieste ("the ability of the body to increase or decrease vital function to a new steady state on challenge") (McEwen e Stellar 1993).
Seconda versione – Allostasi = la regolazione di molte variabili per mantenere nel tempo la stabilità al fine di far fronte alle circostanze (“the regulation of many variables over time in maintaining stability to meet changing circumstance”) (Schulkin et al., 1994).
Terza versione – Allostasi = il processo finalizzato a mantenere l’omeostasi ("the process
for actively maintaining homeostasis") (McEwen, 2000a,b; McEwen and Wingfield, 2003a) e (McEwen, 2006), concetto quest’ultmo rimasto invariato per molti anni.
Per McEwen allostasi significa “mantenere la stabilità o l’omeostasi attraverso il cambiamento”; l’allostasi è per McEwen l’insieme dei processi d’adattamento allo stress acuto che implicano la secrezione degli ormoni dello stress che promuovono il mantenimento dell’omeostasi di fronte alle richieste ambientali o sfide (McEwen 2000).
A differenza dei sistemi omeostatici come l’ossigeno nel sangue, il pH sanguigno e la temperatura corporea, i cui valori devono essere mantenuti all’interno di range ristretti, i sistemi allostatici (adattivi) sono caratterizzati da range con margini molto più ampi. I sistemi allostatici consentono al nostro organismo di rispondere a diversi stati fisici (come il risveglio, il sonno, l’esercizio fisico o mentale, lo stare in piedi o sdraiati) e all’ambiente esterno (rumori, situazioni ostili o pericolose, fame, isolamento, caldo e freddo, infezioni), e di promuovere l’adattamento ad attività come la locomozione.
I sistemi di adattamento (o sistemi allostatici) includono:
- asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrenali);
- sistema nervoso autonomo (ad es. la regolazione del sistema cardiovascolare);
- sistemi metabolici: asse della tiroide, insulina, glucagone, intestino;
- sistema immunitario;
L’allostasi rappresenta l’output integrato di questi sistemi interattivi. Questi sistemi possiedono un ampio range di attività che dipende dall’ora del giorno e dall’allostasi.
L’attività e la reattività di tutti questi sistemi di adattamento sono fortemente influenzati dall’assetto psicologico dell’individuo; ad esempio le persone più ansiose e reattive presenteranno anche reazioni fisiologiche più intense agli stimoli.